Quando ho deciso di fare una puntata sugli effetti del condividere il recente passato affettivo con un nuovo partner, mi è balenato subito nella mente l’incipit potentissimo di un romanzo che lessi anni fa, scritto da Leslie Poles Hartley e pubblicato per la prima volta nel 1953.
Il libro si apriva con queste parole:
“Il passato è una terra straniera, fanno le cose in modo diverso laggiù”.
Nei miei corsi sulla comunicazione relazionale punto moltissimo su un aspetto fondamentale, ovvero che la qualità della nostra vita dipende in larga misura dalla qualità delle nostre relazioni e invito i miei allievi a questo primo passo: iniziare a chiedersi, prima di attuarli, che conseguenze potrebbero avere i nostri comportamenti sull’emotività di chi abbiamo di fronte, soprattutto se si tratta di persone con le quali ci relazioniamo spesso, come i parenti, i partner, gli amici, i colleghi e certi clienti.
A volte, molti di noi hanno degli atteggiamenti che non sono idonei a farci raggiungere i nostri obiettivi e che, al contrario, mettono a disagio la persona che abbiamo davanti.
In questa puntata vorrei rispondere a una domanda che mi sento fare spesso, soprattutto da estranei quando ci presentiamo e ci raccontiamo reciprocamente cosa facciamo nella vita.
Nel momento in cui mi definisco un formatore che tiene corsi sulla comunicazione relazionale e non verbale, la domanda che mi arriva, nove volte su dieci, è: “Perché è importante conoscere il linguaggio del corpo?”
L’approccio al sesso e quello all’orgasmo sono molto differenti tra una donna e un uomo, così diversi che potremmo parlarne ore, tanto è vasta la tematica.
In questa puntata, che non vuole essere esaustiva né scientifica, dal momento che non ho i titoli per dichiarare una cosa del genere, ti porterò gli studi che ho fatto in questi anni sul cervello dell’essere umano, riportandoti alcune sostanziali differenze che i più importanti studiosi dell’encefalo hanno individuato tra il cervello della donna e quello dell’uomo.
Esiste da secoli un adagio che abbiamo ascoltato tutti: “Il buon tacer non fu mai scritto”.
Da molti attribuito a Dante Alighieri, sembra più probabile che si tratti di una leggera variazione di un verso di Iacopo Badoer, un librettista e poeta italiano vissuto nel secolo diciassettesimo.
Qualche tempo fa, in una puntata che trovi nel mio archivio (https://youtu.be/OWOp__bPPWA?si=5adrh4dUWGu-j6Jj), ho parlato dell’assertività in ambito professionale, ma ogni giorno, nelle sessioni di coaching, ascoltando i miei clienti parlare di problemi e incomprensioni all’interno della coppia, mi rendo conto che una delle più frequenti cause di dissapori è la mancanza di assertività da parte di uno o di entrambi i partner.
Purtroppo, la dimensione assertiva non è frequentata da tutti, anche perché manca nel sistema scolastico la volontà di accompagnare gli allievi a capirla e a sceglierla come base intelligente su cui muoversi in ogni relazione, per evitare proprio le incomprensioni, mantenendo sempre un comportamento idoneo al contesto e rispettoso sia di se stessi sia degli altri.
Nessuno ci insegna a padroneggiare la nostra voce e oggi il tutto si riduce al dono di saperlo fare, che alcuni hanno e altri no, quando invece dovrebbe diventare, a mio avviso, una materia di studio, almeno dalla scuola secondaria in poi, se non prima.
Non parlo dei corsi di dizione, che mi appaiono così ingessati spesso da farmi venire la gastrite, perché trovo che una leggera inflessione dialettale offra colore alla voce e non disturbi nessuno e penso che non sia necessario avere una parlata perfetta sul piano delle vocali chiuse o aperte.
Nel mio lavoro incontro spesso persone che mi vengono a trovare per noie vissute all’interno della coppia, quando le incomprensioni si fanno più presenti, solitamente nella fase in cui l’innamoramento e la passione iniziali si abbassano di grado ed è più facile far caso a comportamenti che prima non venivano nemmeno notati o sui quali si sorvolava tranquillamente.
Nel 1992 uscì un libro che in trent’anni è arrivato a 11 milioni di copie vendute e si è guadagnato il titolo di New York Times Best Seller.
A scriverlo fu Gary Chapman, autore, conferenziere e Counselor, specializzato in relazioni e si intitola “I cinque linguaggi dell’amore”.
In questo libro, più che mai attuale in un’epoca in cui le relazioni di coppia sono appese a un filo e tendono a durare sempre meno, Chapman parla di cinque comportamenti fondamentali che ognuno dei due partner dovrebbe offrire per far funzionale al meglio il legame.
Molte volte, ascoltando i problemi di incomprensione e le aspettative frustrate di uno dei due attori coinvolti in una relazione, mi rendo conto che sta vivendo qualcosa di non voluto, qualcosa che va contro i suoi reali bisogni, ma che è sempre stato presente, sin dalle prime battute del rapporto.