Essendo un coach e ricevendo nel mio studio prevalentemente persone adulte che vivono noie all’interno della coppia, mi trovo ogni giorno ad ascoltare resoconti di relazioni languide, per i motivi più diversi.
La scelta di questo aggettivo non è casuale: “languido” sta a indicare qualcosa di debole, privo di forza, stanco e, quando una relazione si trova in questo stato, nella mia visione, è inutile fare il gioco delle colpe, dal momento che ragioni e colpe sono sempre ripartibili al 50% e limitarsi a individuarle non risolve il problema.
Manipolazione e dipendenza affettiva sono parole che immagino tu abbia sentito spesso, ma sulle quali, a mio avviso, al di là del saperle comunicare, c’è poca consapevolezza.
Se mi segui da un po’, mi avrai ascoltato più volte dichiarare che quando tengo sessioni di coaching, nella stragrande maggioranza dei casi, mi trovo di fronte persone che hanno dei problemi nella coppia e mi accorgo che quasi tutti derivano da posizioni di dipendenza affettiva e dalle varie sfumature di manipolazione inconsapevole che ognuno dei due partner perpetua con il suo ego.
Il tema di questa puntata l’ho scelto perché, ultimamente, torna nella maggior parte delle sessioni di coaching che sto tenendo con i miei clienti, come fosse una moda del momento.
Sto incontrando persone di ogni genere e di ogni età che, nemmeno si fossero messe d’accordo, mi portano il problema dell’intempestività delle loro reazioni, che si dimostrano inadatte al contesto, inopportune e, spesso, diventano ulteriori cause di incomprensioni, di relazioni che non funzionano, di conflitti con il partner, con i figli o con i colleghi.
Si parla tantissimo negli ultimi anni di “comunicazione efficace” e fioccano libri, corsi, seminari e webinar ricchissimi di consigli come quelli che sto per darti, salvo poi, dopo aver frequentato uno o più di questi momenti formativi, ritornare esattamente come prima e non impegnarsi realmente a mettere in pratica quanto appresso.
La puntata di oggi è dedicata a Chris, una donna che mi segue su questo canale e che mi ha espressamente chiesto di trattare il tema del comportamento “passivo-aggressivo”. Spero di essere esaudiente, nonostante l’argomento sia davvero enorme e ricco di sfumature.
Iniziamo col dire che, grossomodo dagli anni Cinquanta, periodo in cui fu individuato, agli anni Novanta del secolo scorso il comportamento passivo-aggressivo era considerato patologico, ovvero catalogato tra i disturbi della personalità. Grazie ai successivi studi si giunse alla conclusione che l’aggressività passiva non dovrebbe rientrare sempre nello spettro dei disturbi patologici, ma esclusivamente nei casi in cui questi comportamenti fossero reiterati e invalidassero non solo le relazioni ma anche la dimensione emotiva del soggetto.
Ho toccato l’argomento dell’assertività in precedenti puntate che puoi trovare nel mio archivio, in particolare ti ho parlato di cosa significa essere assertivi nella coppia e nel lavoro.
Sapersi comportare in modo assertivo è un aspetto molto importante per la nostra vita sociale ed è una qualità personale che andrebbe sviluppata, tramite una mirata educazione, fin dall’età evolutiva, dal momento che viviamo in mezzo agli altri, a partire dall’ingresso nella scuola per l’infanzia e in seguito per tutta la nostra vita.
Molti psicologi definiscono il ricatto come un veleno della comunicazione, inserendolo in un vero e proprio menu composto da altre velenose modalità, come la recriminazione, la predica, il biasimo, il “te l’avevo detto” e altre perle simili che, anziché farci raggiungere l’obiettivo di comunicazione, di solito ci portano a fallire e ad alimentare un’escalation simmetrica in cui l’incomprensione, il livore e spesso la rabbia, la fanno da padroni.
Mi capita spesso, nelle sessioni di coaching che tengo con i miei clienti, che alcuni di loro mi si presentino quasi del tutto esauriti per il peso quotidiano che si portano addosso, non solo in ambito lavorativo, ma anche in ambito famigliare e, dietro le quinte, ci sia la loro incapacità di dire NO, oppure la dannata predisposizione a non delegare ad altri alcune cose o, ancora, una chiara tendenza alla cosiddetta “Sindrome della Croce Rossa”.
L'assertività, come scrisse Dale Carnegie, è una delle qualità migliori che un essere umano possa avere ed è molto più difficile definire cos'è, piuttosto che cosa non è.