A volte sono i single a rivolgersi a me, per questioni differenti, non vivendo la dimensione della relazione amorosa: alcuni di loro non hanno un partner, ma vorrebbero trovare qualcuno da amare e da cui essere amati, con cui fare progetti di vita condivisa, e non ci stanno riuscendo; altri, che sono single più convinti, mi chiedono aiuto per gestire le varie relazioni che tengono in piedi senza impegno e in cui, a volte, c’è un coinvolgimento da parte del partner occasionale; infine, e questi sono più rari, ci sono i single veramente felici, che mi contattano per altri motivi, che spesso riguardano la carriera o la motivazione lavorativa.
Quando dico che questi ultimi sono “più rari”, non mi riferisco alla lora scarsità in generale, ma al fatto che, essendo appunto felici e godendo di un’ottima qualità della vita, non hanno alcun bisogno di contattare figure di aiuto, quindi immagino che non siano pochi.
Fatto sta che, sia i single incasinati, quelli che vivono relazioni senza legarsi a nessuno in particolare, sia i single che non hanno alcun problema a destreggiarsi nella singletudine, mi dicono che vengono spesso visti come strani, soprattutto quando si sentono chiedere da un parente relativamente lontano – in quegli incontri famigliari sporadici - se stanno con qualcuno e si trovano a dover dire di no.
Proviamo insieme a guardare questo fenomeno, ormai sempre più frequente, da altri punti di vista?